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VITRECTOMIA MINI-INVASIVA PER IL TRATTAMENTO DELLA PUCKER MACULARE:

Ricostruzione del profilo maculare dopo l’asportazione della Membrana Limitante Interna

PRIMA: Pucker Maculare con trazione della struttura maculare con edema intraretinico
DOPO: Ristrutturazione della morfologia maculare e degli strati retinici

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INTERVENTO DI PTOSI PALPEBRALE OCCHIO SINISTRO IN ANESTESIA TOPICA

OCCHIO SINISTRO: Intervento di Ptosi Palpebrale Congenita (abbassamento della palpebra dalla nascita) eseguito in anestesia topica (utilizzando gocce anestetiche) in chirurgia ambulatoriale. La procedura è stata eseguita ab interno, senza cicatrici e con immediata riabilitazione funzionale.

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Corioretinite sierosa centrale – OCT

Esame eseguito OCT.

OS: Profilo retinico foveale alterato per morfologia struttura e reflettività . Si osserva ampio distacco sieroso del neuroepitelio convolgente l’intera regione foveale associato a distacco dell’EPR in sede subfoveolare.

 

Diagnosi: Corioretinopatia sierosa centrale.

 

Corioretinite

Corioretinite

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edema maculare diabetico trattato con iniezione intravitreale di Taioftal

PRE -TAIOFTAL iniezione intravitreale

OS: Profilo retinico foveale alterato per morfologia, struttura e reflettività . Cisti intraretiniche multiple ed aree di iperreflettività negli strati intraretinici. Edema maculare diabetico

 

 

 

POST-TAIOFTAL iniezione intravitreale

OS: Ripristino della normale depressione foveale ; cisti intraretiniche assenti ; persiste lieve iporeflettività degli strati retinici esterni. 

 

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EVOLUZIONE DELLA TECNOLOGIA AVANZATA PER LO STUDIO DELLA RETINA E DEL NERVO OTTICO:L’ ANGIO-OCT

Negli ultimi 20 anni la tecnologia di indagine più evoluta per lo studio della retina e del nervo ottico è stata certamente la Tomografia a Coerenza Ottica comunemente denominata OCT.

Questo esame permette di analizzare la retina, soprattutto la parte centrale (macula), fornendo immagini di scansioni (sezioni trasverse) con una definizione altissima

L’OCT può essere paragonato ad un vero e proprio esame istologico in vivo, fino allo studio dei fotorecettori le cellule deputate alla visione.

L’OCT ci dà informazioni sullo spessore della retina, sulla sua morfologia e sul rapporto tra i vari strati che la compongono. È un esame non invasivo, che non comporta contatto ed è privo di effetti collaterali.

Si possono studiare, esaminare e curare con tecniche mininvasive malattie e aree della retina come la macula, fino a poco tempo fa considerate non trattabili quali membrane epiretiniche, foro maculare, retinopatia diabetica e trombosi venosa retinica.

Oggi questa tecnologia, già evoluta, si è arricchita ed è stata perfezionata con lo studio (non invasivo e senza coloranti) della circolazione sanguigna della retina e della coroide.

Con questo esame si possono approfondire, monitorare e curare meglio tutte le malattie retiniche dalla retinopatia diabetica alle malattie senili quali maculopatia atrofica e degenerazione maculare emorragica legata all’età.


maculafotorecettori
esame oct istologia retina

 


Casa di Cura “Suore dell’Addolorata”
Unita’ Funzionale di Oculistica
Convenzionata con il SSN
Via Manzoni 13 Pisa tel 05045075
resp. dr Dario Severino
dr Silverio Rizzuto
Prof Federico Garzione
dr Guido Meucci
dr Andrea Panelli
dr Augusto Grossi

email: info.addolorata@addolorata.it
darioseverino@gmail.com

Roma Gammamedica – via Poma 2 – 063728555

Prof Federico Garzione email: federicogarzione@gmail.com
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Genova Centro Medico De Amicis – via De Amicis 6 – tel 0105451954

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Salerno Gammamedica – Corso Vittorio Emanuele 140 – tel 0974.62397

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Cosenza – Centro Oculistico Iris – Via Gaetano Salvemini tel 0984 32775

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Palermo – Studio Oculistico Severino c/o Pamafir Via S. Lorenzo, 75, Palermo tel 091 6110555

Prof Dario Severino email: darioseverino@gmail.com

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RISULTATI A UN ANNO CON TAIOFTAL (Triamcinolone Acetonide) NEL TRATTAMENTO DELL’EDEMA MACULARE DIABETICO E DELLA TROMBOSI VENOSA PARCELLARE

Di seguito i risultati a distanza che comprovano l’efficacia e la stabilità dei risultati con l’utilizzo di Taioftal, mediante iniezione intravitreale, per la cura degli edemi nella maculopatia diabetica e negli esiti della trombosi venosa retinica.

Si tratta di un farmaco a base di cortisone (Triamcinolone Acetonide) che funziona come AntiVEGF, antiedemigeno ed antiinfiammatorio.

Nella casistica studiata (50 pazienti) non si sono riscontrate complicanze oculari (cataratta e/o glaucoma, infezioni) ne complicanze sistemiche.

Questi risultati a distanza di un anno confermano la stabilità dell’efficacia se soprattutto nei diabetici sono controllati i fattori di rischio quali diabete, assetto lipidico, funzione renale e ipertensione sistemica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Recente studio sulla membrana epiretinica o pucker maculare

La presenza di pucker maculare, secondo gli autori francesi, è pari al 10 per cento della popolazione sopra i 70 anni di eta’. Puo’ essere idiopatico oppure conseguente ad esiti di chirurgia del distacco di retina o malattie infiammatorie o vascolari della retina. Il sintomo principale è la metamorfopsia, ovvera la distorsione dell’immagine. La diagnosi è facilmente effettuabile per mezzo di un OCT. La chirurgia del pucker maculare o membrana epiretinica è oggi bene eseguile con vitrectomia mini invasiva senza punti di sutura assicurando un buon risultato anatomico e funzionale

L’intervento è eseguibile  in day surgery ed in convenzione con il SSN 

Per informazioni : federicogarzione @ gmail.com

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gli spinaci e la retina

Gli spinaci, uno dei prodotti ortofrutticoli più diffusi sul pianeta, sono una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae. Possono raggiungere l’altezza di 70 cm circa con grosse foglie verde scuro.
Le origini delle spinaci paiono risalire al continente asiatico, e precisamente in Nepal, dove pare siano stati coltivati per la prima volta; tuttavia esistono testimonianze che asseriscono che già nel cinquecento, a Firenze, le suore benedettine coltivassero già le spinaci nei loro orti.
Il periodo di raccolta delle spinaci va da novembre fino a marzo.
Gli spinaci sono caratterizzati da un alto contenuto di vitamine A e C e in minore quantità, vitamine B, D, F, PP e K; oltre alle vitamine troviamo una discreta quantità di minerali quali rame, potassio, zinco, calcio e fosforo. Cento grammi di spinaci contengono: 90 gr. di acqua, 2 gr. di fibre, 3,4 di proteine, 0,7 gr, di grassi e 3 grammi di carboidrati.
Molto importante, come andremo a vedere, la presenza nelle spinaci della luteina, un carotenoide con particolari proprietà utili alla vista.

Proprietà curative e benefici degli spinaci

Gli spinaci occupano una posizione rilevante nella classifica degli alimenti con proprietà utili all’organismo umano; una scoperta molto recente attesta che gli spinaci hanno proprietà molto utili alla vista. La luteina, contenuta in buona quantità nelle foglie di spinaci, ha la capacità di penetrare nel sangue e di depositarsi negli occhi, in particolare nella retina, apportando così ottimi benefici alla vista.
Grazie alla ricchezza di minerali gli spinaci hanno proprietà lassative, tonificante ed apportano benefici anche al muscolo primario dell’organismo, il cuore. L’alto contenuto di acido folico apporta benefici al nostro sistema immunitario, rendendolo più “forte” e aiuta notevolmente l’organismo nella produzione di globuli rossi.
Per poter trarre i massimi benefici dal consumo di spinaci è bene sottolineare che gli stessi vanno rigorosamente mangiati crudi, magari in insalata con olio e sale; è infatti dimostrato che, una volta lessati, perdono il 50% circa delle loro proprietà utili all’organismo umano.In 100 grammi di spinaci troviamo circa 3,5mg. di ferro vegetale, che però non è facilmente assimilabile e viene quindi trattenuto dall’organismo in minima quantità; per ovviare a questo “inconveniente”, gli esperti in materia consigliano di consumare in abbinamento agli spinaci anche alimenti che contengano acido ascorbico, come ad esempio il limone. Infatti l’acido ascorbico è in grado di favorire l’assimilazione di ferro vegetale.Per quanto riguarda le calorie gli spinaci forniscono 23 calorie ogni 100 grammi di parte edibile.

 

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L’innesto grassoso o lipofilling per il trattamento della cavità orbitaria anoftalmica

Il centro Gamma Medica, specializzato in oftalmoplastica, è stato il primo in Italia ad utilizzare il lipofilling per il trattamento delle problematiche secondarie all’asportazione del bulbo oculare: enoftlamo, atrofia grassosa e fibrosa, approfondimento del solco orbito palpebrale.

Sono, ormai circa 10 anni che utilizziamo questa tecnica per il trattamento della chirurgia della cavità anoftalmica in pazienti portatori di protesi. L’atrofia del grasso e dei tessuti orbitari sequenziale all’asportazione del bulbo oculare (sia intervento di eviscerazione che di enucleazione) è una condizione che interessa i 2/3 di questi pazienti determinando problemi psicologici estetici e funzionali che influiscono in misura notevole sulla qualità della vita di relazione e sull’attività di questi pazienti. E’ molto frequente rilevare che l’asportazione di un occhio interessa persone giovani, ancora in attività lavorativa e on una vita sociale estremamente attiva, spesso donne o bambini.

Si tratta quindi di una problematica che riveste un ruolo sociale e la sua soluzione coinvolge aspetti sanitari, familiari e personali. Fino a qualche anno fa l’enoftalmo secondario ad asportazione de bulbo oculare veniva trattato con varie possibili modalità: – l’innesto dermoadiposo che veniva allocato nella cavità orbitaria o a livello del solco orbito palpebrale, – un impianto subperiosteo nel pavimento orbitario di materiale eterologo (in genere un blocco di silicone modellato). Si trattava di interventi invasivi, a volte estremamente lunghi, spesso in anestesia generale e con risultati non sempre soddisfacenti sia sotto l’aspetto estetico che funzionale.

Il grasso infatti in quantità massive va incontro a necrosi che può vanificare completamente il trattamento con grande delusione sia del medico che del paziente. La ripresa della protesi avveniva dopo varie settimane così come il decorso postoperatorio (edema orbitario, dolore, asportazione dei punti di sutura) era molto più complesso e prolungato Da parte nostra abbiamo sfruttato la grande mole di studi clinici e sperimentali e utilizzato l’ampia casistica di pazienti trattati in questi ultimi anni con la tecnica del lipofilling, cioè l’innesto di grasso in frazioni estremamente ridotte, che è stata utilizzata per la chirurgia plastica estetica.

La tecnica per quanto riguarda la chirurgia della cavità orbitaria, deve essere praticata da un chirurgo esperto di oftalmoplastica, dura circa ½ ora e consiste nel prelievo di grasso con micro cannule dalla zona addominale o dai glutei, il trattamento e la purificazione del grasso mediante decantazione (una modalità estremamente naturale) e l’innesto nella cavità orbitaria. I vantaggi del lipofilling o meglio innesto grassoso frazionato sono l’utilizzo sia per il prelievo che per l’innesto nella cavità orbitaria di tecniche mininvasive, l’anestesia locale, il regime di day surgery.

Non vengono utilizzati punti di sutura e si può riprendere immediatamente l’attività lavorativa o sportiva. Soprattutto, l’innesto grassoso con queste caratteristiche (frazionato e purificato) favorisce l’innesto di cellule staminali che sono state scoperte nel grasso. Secondo gli studi dell’ultimo decennio il tessuto adiposo è una vera e propria banca di cellule staminali che favorisce non solo il restauro volumetrico ma una vera e propria bio ristrutturazione dei tessuti della regione orbitaria con una migliore qualità nella gestione quotidiana della protesi.

Questa tecnica con le modifiche da noi apportate (micro innesti, procedura mirata alla zona atrofica associazione con fattori di crescita piastrinici, ritocchi) ha permesso di trattare con successo anche casi estremi di enoftalmo con atrofia completa dei tessuti e contrazione grave della cavità che non permettevano di indossare la protesi.

L’esperienza continua e gli studi saranno sempre più approfonditi per risolvere una problematica spesso sottostimata che solo in questi anni comincia ad avere protocolli di terapia standardizzati.

Caso clinico pre e post di paziente con cavità anoftalmica retratta (enoftalmo estremo)

 

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Il prolasso della ghiandola lacrimale: un’entità clinica spesso misconosciuta

 

La ghiandola lacrimale, in parte responsabile della lacrimazione, è normalmente nascosta sotto il bordo osseo superiore in uno spazio chiamato fossa lacrimale, situata sopra l’angolo esterno dell’occhio.. La ghiandola è costituita da due porzioni o lobi, il lobo orbitale e il lobo palpebrale (FIG 1).  A volte il lobo palpebrale può essere evidente sotto la palpebra quando si solleva la palpebra verso l’alto e si guarda verso il basso. Una ghiandola lacrimale prolassata può determinare un rigonfiamento a livello l’angolo supero esterno della palpebra superiore.

 

Molto più frequentemente di quanto si creda (secondo alcune casistiche oltre il 30% di pazienti che si sottopongono a blefaroplastica superiore) e possibile rilevare da parte dell’oculista o del paziente stesso tra la palpebra e la cornice orbitaria superiore esternamente, una tumefazione non dolente e mobile rispetto ai piani sottostanti. E’ facilmente palpabile ed è grande come una nocciolina che in qualche caso può dislocarsi fino a livello del bordo ciliare superiore. Si può trattare di un prolasso o ptosi della ghiandola lacrimale. Sono stati classificati vari gradi di prolasso lieve (0-2 mm), moderato (3-5 mm) e prolasso grave (più di 6 mm).

Le cause di questa patologia non sono note quando non è conseguenza di eventi traumatici. La ptosi della ghiandola lacrimale è conseguente all’invecchiamento e può essere presente dia nell’età adulta ma si evidenzia con l’età per l’assottigliamento senile della cute che rende evidente la ghiandola.E’ molto più frequente negli anziani con blefarocalasi (letteralmente caduta delle palpebre) e può essere confusa nell’ambito di un prolasso del grasso orbitario o di uno stato di edema palpebrale superiore. Il prolasso della ghiandola lacrimale può in molti casi essere rilevato durante un intervento di blefaroplastica superiore (secondo alcuni Autori in anche il 50% degli interventi) per cui questa anomalia va attentamente ricercata e diagnosticata prima di un intervento di blefaroplastica superiore.va attentamente ricercato.

Oltre che una accurata visita oculistica con studio della motilità oculare è opportuna una valutazione dell’assetto orbitario anche una fotografia digitalizzata secondo le modalità utili per lo studio dell’orbita. Per la identificazione e localizzazione mediante palpazione può essere utile una valutazione sia in posizione eretta che supina: questo tipo di manovra è una ulteriore conferma della dislocazione della parte ghiandola lacrimale dalla sua loggia anatomica normale.La TAC senza e con mezzo di contrasto è necessaria pe escludere patologia infiammatoria o neoplastica.

L’intervento chirurgico (FIG 2)

Si tratta di una procedura, spesso praticata in anestesia locale con sedazione che ha dei tempi simili a quelli della blefaroplastica superiore e prevede una incisione cutanea a livello della palpebra superiore, l’apertura del setto fibroso dell’orbita, l’asportazione della loggia grassosa centrale, spesso dislocata per effetto della trazione della ghiandola, la applicazione di un punto che comprende il setto dell’orbita, la ghiandola lacrimale dislocata e la cornice supero laterale dell’orbita. Alla fine viene eseguita una sutura cutanea.Il periodo postoperatorio per quanto riguarda le cure e le attenzioni è simile a quello di una blefaroplastica e la rimozione della sutura avviene a 5-7 giorni. In genere, se non ci sono altre cause non residua “occhio secco