Le problematiche dell’enoftalmo nei pazienti portatori di protesi oculare
Enoftalmo
La correzione dell’orbita anoftalmica dopo eviscerazione o enucleazione del bulbo oculare, si realizza con un impianto intraorbiario e con una protesi mobile gestita sia dall’oculista, sia dal paziente stesso.
L’oculista deve rappresentare al paziente che non si tratta di una soluzione definitiva ma che va controllata costantemente e visionata ciclicamente dallo specialista.
I portatori di protesi devono, comunque, sapere che spesso è presente una secrezione mucosa e soprattutto che i movimenti della protesi, sincroni con quelli dell’occhio contra-laterale non saranno mai uguali alla situazione antecedente la chirurgia. Naturalmente, una chirurgia ben eseguita eviterà una revisione della cavità orbitaria in tempi brevi.
Il Prof. Garzione, direttore del centro Gamma Medica di Roma, specializzato in Oftalmoplastica, afferma che le problematiche legate all’orbita anoftalmica possono essere sostanzialmente divise in tre gruppi:
- Cattivo aspetto delle orbite
- Instabilità degli occhi artificiali
- Fastidi relativi alle cavità orbitarie
Queste categorie tendono a sovrapporsi frequentemente, in quanto le patologie dei pazienti possono riguardare contemporaneamente i tre gruppi in questione.
I sintomi associati ad un cattivo aspetto delle orbite comprendono il non allineamento delle pupille, la profondità del solco orbito-palpebrale superiore, contorno ridotto delle palpebre, lussazioni della protesi, mobilità ridotta e ptosi della palpebra superiore.
L’instabilità delle protesi oculari può verificarsi per una serie di motivi, compresa una scarsa aderenza dovuta all’atrofia del grasso orbitario, o ancora uno spostamento dell’impianto, conseguente ad una rientranza della protesi con annessa chiusura delle fessure palpebrali.
I problemi legati ai fastidi causati dalle cavità orbitarie includono: secrezione cronica, prurito e bruciore, dolore nel chiudere gli occhi, aderenza delle ciglia alla protesi e dolore originato dalla cavità orbitaria.
Una delle cause più comuni del cattivo aspetto delle orbite è la PESS (Post-Enucleation Socket Syndrome). Diversi meccanismi di natura patofisiologica sono attribuibili alla PESS, che deriva da molte cause quali l’enoftalmo, la deformità del solco, malposizione della palpebra superiore ed inferiore e tilting della protesi oculare.
Quando la sindrome post-enucleazione viene trattata solo con l’ingrandimento della protesi per compensare la carenza di volumi, si crea una condizione definita come sindrome “dell’occhio di elefante”, che non solo peggiora l’aspetto estetico ma aggrava anche la sintomatologia.
Le problematiche legate a questa sindrome nascono dalla disparità tra la superficie su cui è collocata la protesi e la mucosa dell’orbita.
Più è grande la protesi, peggiore sarà la risposta all’infiammazione indotta dall’elemento estraneo. Di fatto, la prevenzione è la migliore soluzione alla riduzione delle problematiche esposte, sia con impianti intraorbitari di misura adeguata, sia con il trattamento ciclico di innesto grassoso (lipofilling dell’orbita), che viene eseguito dopo l’intervento di eviscerazione/enucleazione.
In caso di ridotta mobilità della protesi, lo specialista non deve sottoporre a sforzo la palpebra superiore, a meno che non ci siano motivazioni di natura neurologica o strutturale per farlo.
La protesi deve essere modellata in relazione alla palpebra inferiore e solo in seguito potrà essere perfezionata mediante la chirurgia del muscolo elevatore della palpebra superiore.
Riguardo alla sintomatologia derivante dalla secrezione cronica, questa deve essere adeguatamente trattata sia con steroidi e antibiotici (eventualmente valutata con tampone oculare), sia con il lavaggio e la medicazione delle vie lacrimali.
La canalicolite, spesso presente in questi pazienti, è generalmente sottostimata ma va evidenziato che un’alterazione delle vie lacrimali di drenaggio è frequentemente presente nei pazienti portatori di protesi oculare.
In realtà, dopo un intervento di eviscerazione o enucleazione va tenuto in considerazione soprattutto il rapporto contenente-contenuto dell’orbita e per questo aspetto un notevole ausilio viene dal lipofilling dell’orbita. Si tratta di una tecnica rapida, efficace e ambulatoriale che permette, mediante l’aspirazione con una microcannula, di prelevare grasso dall’addome o dai glutei e reinnestarlo a livello dell’orbita nei siti di particolare carenza volumetrica.
Questa tecnica permette di trattare le complicanze della cavità anoftalmica precocemente e con efficacia, evitando altre procedure molto più invasive e maggiormente soggette alla recidiva della patologia.